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il ottobre 14 2007 20:47:04
La Grangela. E' una rara ed interessante opera idraulica di età sicuramente preellenica ad un centinaio di metri dal Municipio che si apre in via Santa Maria, oggi facilmente visitabile dopo i recenti restauri. Si tratta di un pozzo del tipo "filtrante" che serviva all'approvvigionamento della città antica. La cavità, però, non ha la comune forma cilindrica dei pozzi per la raccolta delle acque, ma di un rettangolo irregolare percorso da tre rampi di scale destrorse che girano attorno al pilastro centrale finestrato in tre punti. La struttura verticale è profonda circa 12 metri dal piano stradale e continua poi in un vano che penetra nella roccia per circa 7 metri largo e alto due metri. Ai lati di questo vano si trovano quattro cunicoli che giungono alle falde acquifere per trasferire nel vano centrale di raccolta l'acqua. Sicuramente nei periodi di piena l'acqua veniva attinta dall'alto, quando invece il pozzo entrava nei periodi di magra gli antichi licatesi vi attingevano l'acqua scendendo dalle scale sino ad arrivare alla vasca di raccolta.
Lo Stagnone Pontillo è una eccezionale architettura ipogeica, ricavata dalla dura roccia, che mostra singolarità sorprendenti. Si trova nella contrada omonima, sulla strada panoramica provinciale Licata-Mollarella, a circa tre km. dall'Ospedale Civile San Giacomo d'Altopasso. Si presenta con un megaron con tre grosse colonne rastremate in alto che sorreggono la volta spessa più di 2 metri e alta 4,5 metri. Il vano maggiore misura metri 16x9, mentre il vestibolo metri 13x5. Al contatto con il soffitto una cornice nella quale sono incavate delle nicchiette, probabile alloggio di lucerne. Le ipotesi sono diverse: si tratta di una tomba monumentale di un principe della tarda età del bronzo o di un luogo di culto dello stesso periodo o di una dimora principesca appartenente ad un antico centro abitativo indigeno. Che possa essersi trattato di un luogo di culto o di una dimora è avvalorato dalla presenza di tre grandi fori sul soffitto che servivano come prese d'aria. E' stato certamente riutilizzato dai Greci, assuefatti agli usi locali, anche per le cerimonie liturgiche legate al culto delle divinità ctonie. Sull'intonaco sono stati scoperti vario graffiti in lingua fenicia, iberica e libica, forse firme di visitatori del IV-III sec. a.C.
Il frourion di Falaride, tiranno di Agrigento, con la sua possente cinta megalitica fortificata si trova sul monte Sole, la vetta più alta (m. 171 s.l.m.) del monte di Licata. Venne edificato dal tiranno akragantino nella prima metà del VI sec. a.C. per assicurarsi il controllo del territorio di Licata e per frenare l'espansionismo di Gela. Qui, in località Cipriano, nelle proprietà agricole Cammarata, Re ed Orlando raggiungibili dalla Strada provinciale Licata-Mollarella dove si intersica con la comunale Contesole, si trovano cospicui avanzi murari, ascrivibili ad un'opera arcaica militare che domina un'ampia vista: a sud controlla i ripari marittimi naturali del litorale licatese, ad est la foce del Salso e il territorio attorno al monte Sant'Angelo, a nord l'ampia piana di Licata e parte del corso del Salso, ad ovest il profondo porto naturale della Mollarella. La difesa del lato meridionale è affidata alle rocce che cadono a strapiombo sulla campagna sottostante. Il fianco di levante si integra, a tratti, con mura ad agere. Un terrapieno ed un muro di sostegno, ben conservato, a secco e del tipo megalitico proteggono tutto il lato settentrionale e parte del lato lato occidentale, dove il suo percorso, di tanto in tanto, si interrompe per integrarsi con la difesa dela roccia. Di questo muro, dallo spessore di circa m. 2,50, che si snoda per alcune centinaia di metri, è visibile solo il parametro esterno in grosse pietre irregolarmente squadrate. Ad oriente alcuni vani della cittadella protetti da un alto muro scavato nella roccia orlato alla sommità da feritoie, un pozzo imbutiforme ed una scala che porta al camino di ronda. Nel vasto piano del castello si trovano impianti vinari a doppia vasca, impianti idrici e qualche postierla per il corpo di guardia.
Il porto della Mollarella. E' un profondo approdo naturale chiuso da due promontori, il Pizzo Caduta e la Rocca Mollachella, sin dai tempi più remoti frequentatissimo emporio commerciale. Due moli, ancora oggi parzialmente esistenti, riparavano le navi dalle correnti di ponente e di levante. Questo porto, sicuramente riferito ad un centro abitato che si cerca ancora sotto il monte Poliscia (dal greco polis=città), fu approdo prima dei Fenici che sul promontorio della Rocca Mollachella realizzarono una fossa a combustione che aveva la funzione di faro primordiale (fumo e fuoco servivano a segnalarne l'esistenza ai naviganti) e dopo dei coloni greci delle varie epoche che crearono sulla spiaggia della Mollacha un santuario per le divinità ctonie, Demetra e Kore e una necropoli ad occidente ai piedi della Rocca Mollachella. Davanti a questa spiaggia nel 256 a.C. si combattè la prima grande battaglia navale della storia tra Romani e Punici e su questa spiaggia il 10 luglio 1943 sbarcarono i fanti di marina degli USA. Oggi è una delle stupende spiagge di Licata, da cui dista circa 6 km. Si raggiunge o attraverso la strada provinciale Licata-Montesole-Mollarella o attraverso la strada provinciale Licata- Torre di Gaffe.
La città di Poggio Marcato d'Agnone. E' un'altura, immediatamente a nord della contrada Casaliscchio. Nel 1983 è stato scoperto un insediamento databile della 2a metà del IV sec. a.C. in posizione dominante sulla piana sottostante. E' racchiuso da una vasta cinta muraria che si estende per circa 3 km. Nell'area fortificata è stata anche scoperta una strada, ottenuta dal taglio della roccia, ancora con i segni delle ruote, nonché un recinto quasi semicircolare che potrebbe far pensare ad una agorà a anche ad un themenos. La ceramica rinvenuta è di uso comune. In una abitazione è stata anche scoperta una piccola vasca da bagno incavata nella roccia. La datazione è stata facilitata dalla scoperta nel perimetro della città di monete di Agatocle, tiranno di Siracusa.
La città di Monte Sant' Angelo. Varie campagne di scavo, seppur episodiche e discontinue, hanno permesso di portare alla luce parte dell'abitato della antica città lungo la zona terminale della via Santa Maria, dove sono state scoperte diverse abitazioni, disposte su terrazzamenti, alcune ancora con i muri divisori e le soglie, appartenute a persone certamente facoltose da come si può evincere dalla ricchezza degli affreschi e degli stucchi dipinti recuperati. Altre abitazioni sono state scoperte a nord sotto le mura del castel Sant'Angelo e a mezzogiorno, ad alcune centinaia di metri del seicentesco maniero, dove è stato scoperto un larario riccamente decorato da stucchi e un prezioso tesoretto, detto della "Signora", composto di collane, monili, anelli con castone, tutti in oro e finemente lavorati, e circa 400 monete d'argento. Le abitazioni scoperte sono databili dal IV secolo in poi. A sud ovest del castello è stato portato alla luce un tratto della cinta fortificata dell'antica città greca. Purtroppo questi scavi, lasciati in abbandono dalla Soprintendenza ai BB.CC. di Agrigento, non sono visitabili. Le collezioni archeologiche sono distribuite in 6 sale con criterio topografico e cronologico all'interno di esse. E' possibile seguire un percorso, senza aiuto di guida, grazie ai pannelli didascalici e alle indicazioni poste sulle vetrine e sui principali reperti.
La prima sala ospita i reperti della Montagna, identificata con lo storico Eknomos: Serra Mollarella, Poliscia, Rocca San Nicola, Pizzo Caduta, Contrada Colonne, Monte Sant'Angelo, Cotturo. Dalla Mollarella, sede di un thesmophorion, un santuario all'aperto per i riti ctoni, riservati a Demetra e Kore, proviene una grande quantità di materiale votivo, sepolto nella sabbia o raccolto in una stipite, costituito da vasetti tardo corinzi, statuine figurate di divinità o di offerenti, ex voto, corredi di sepolture greco-arcaiche. A Pizzo Caduta, un sito abitato dal neolitico all'età greco-arcaica, appartengono i tantissimi strumenti in selce ed in ossidiana, gli utensili di tradizione paleolitica, i microliti in selce di tradizione mesolitica, e molta ceramica della facies di Stentinello. In contrada Colonne è stata scoperta ceramica del tipo buccheroide e della facies di Serraferlicchio, dipinta a segmenti scuri divergenti e a banderuole su fondo rosso lucido e rosso violaceo. Si tratta di olle e attingiti in genere. Da Monte Sant'Angelo proviene la statua marmorea acefala della 2a metà del V sec. a.C., forse di Demetra (alt. cm. 86,5), stante sulla gamba destra. La figura indossa un peplo.
Notevole è anche la coroplastica, rappresentata da statuine fittili del tipo tanagrine, lucerne, e ceramiche d'uso domestico. Molto interessanti sono anche le iscrizioni: una su pietra, scoperta nello scavo di via Santa Maria, con incisi 13 nomi di personaggi maschili e una su lamina di piombo (defixio), proveniente dalla area delle tombe ad epythimbion di contrada Sant'Antonino del 2° secolo a.C. Molto rara la striscia con dipinti 124 caratteri fenici su 23 righe, forse una formula magica o una maledizione rituale dell'VIII-VII sec. a.C. Ma, il reperto epigrafico più importante e che vanta una ricchissima bibliografia è l'iscrizione greca, meglio conosciuta come Keibel 256, rinvenuta nel 1660 presso il castel Sant'Angelo, su tavola di pietra dura grigiastra di cm. 0,80x0,30, integra di 47 linee, che riporta in idioma greco arcaico un decreto del Senato di Gela, dove si riferisce che sotto il gherapolo Aristione, figlio di Istigo, figlio di Ninfodoro, nell'anno Sosio, il giorno 30 del mese Carnio, il prefetto Ippocle, figlio di Ippocle, corona d'ulivo Eraclide, figlio di Zopiro, istruttore dei lottatori e degli esercizi del Gymnasium per la diligenza e l'attenzione dimostrata nell'istruire la gioventù geloa. Inoltre Ippocle dispone che, assieme al ginnasiarca, vengano coronati undici atleti distintisi nella frequenta del Gymnasium e che take decreto venga posto su una colonna e che questa venga posta in un pubblico luogo della città. Dalla necropoli ellenistica, con sepolture a cassa o alla cappuccina, di piano Cotturo provengono gli unguentari acromi, le patere, le coppette e altri oggetti di modesto valore. Dalle abitazioni scoperte lungo la via Santa Maria, provengono invece i preziosi ed eleganti stucchi decorativi. La seconda sala riunisce i reperti archeologici proveneinti dal Casalicchio, una località agricola a circa 6 km. a nord-est di Licata. Si tratta di ceramica neolitica impressa della facies di Stentinello e di Diana. Numerosi sono gli utensili in selce (microliti di epoca mesolitica), utensili litici e di ossidiana, anfore ed attingitoi di epoca castellucciana. Le deposizioni votive (terracotte figurate e di offerenti dal VI al IV sec. a.C.) e le ceramiche tardo corinzie, attiche a figure nere e rosse, i vasi di produzione locale e i tanti pani di bronzo provengono dal santuario ctonio di Demetra e Kore, portato alla luce nella zona.
La terza sala custodisce le ceramiche del IV-III sec. a.C. provenienti dalla città fortificata di Poggio Marcato d'Agnone e dalla necropoli greca del VI-IV sec. a.C. di Portella di Corso (una sito a 12 km. a nord-est di Licata), solo in parte scavata, con sepolture terragne, a fossa e alla cappuccina, che ha dato interessanti corredi funebri con ceramiche a figure nere del VI sec. e a figure rosse del V sec. a.C.
La quarta sala espone i reperti scoperti nell'insediamento capannicolo dell'età del bronzo di Canticaglione, parzialmente indagato dagli studiosi, limite orientale del territorio di Licata con quello di Bufera. Si tratta di reperti litici (mazze, asce, lame di selce, macinelli) e di ceramica a bande nere su fondo rosso della facies di Castelluccio. Sempre in questa sala fanno bella mostra i reperti di uso domestico del periodo greco ellenistico, provenienti da contrada Solito, Mintina e Agrabona. Da Monte Petrulla, presso lo Stretto, provengono i reperti dell'età del bronzo recuperati presso una vasta necropoli a grotticella artificiale: utensili litici e vasi della cultura castellucciana.
Nella quinta sala sono esposti i reperti dello scavo fatto a Madre Chiesa, contrada a 10 km. ad ovest da Licata e a 3 km. dal mare di Gaffe, dove è stato portato alla luce un agglomerato di capanne del Medio Bronzo della cultura di Tapsos. La sesta sala ospita i reperti del villaggio, della necropoli e del santuario della cultura di Castellucio del Bronzo Antico, scoperto alla Muculufa, un'altura sul Salso a 20 km. dalla foce. Sono fruttiere su basso piede e brocche con colletto cilindrico, fruttiere su alto piede ed attingitoi. Nell'atrio del chiostro della Badia sono custoditi numerosi elementi architettonici dell'abitato greco di Monte Sant'Angelo (capitelli, colonne, frammenti di trabeazione, macine in pietra lavica), vari sarcofagi provenienti dal convento del Carmine e due interessanti gruppi statuari di ottima fattura e di grande pregio artistico: la Madonna del Soccorso del 1470, della scuola del Gagini, alta cm. 110 e posta su un basamento ottagonale. Proviene dall'aula consiliare del Municipio, ma appartiene alla chiesa del Soccorso dei PP. Agostiniani non più esistente e le quattro Virtù Cardinali (alt. cm. 116) in marmo bianco del sec. XV, opera certa del lombardo Pietro di Bonitate o Boutade, attivo in Sicilia dal 1466 al 1501. Provengono dal convento del Carmine ed appartengo alla struttura di un maestoso sarcofago.
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